L’artrosi del trapezio metacarpale è una patologia che interessa il primo raggio della mano, tendenzialmente si manifesta in persone che hanno superato i 50 anni di età. Appare inizialmente come un dolore intenso che peggiora nel tempo, può coinvolgere una o entrambe le mani. È una malattia che affligge principalmente le donne, fino al 50% della popolazione.
Che cos’è e come si sviluppa
Di tutti i fenomeni artrosici, questa rappresenta il 10% delle patologie più manifeste nella popolazione. Il dolore si localizza tra l’articolazione del pollice, il trapezio e il primo metacarpo. Il carpo è quella parte dello scheletro con otto ossa, tra cui vi è anche il trapezio.
L’articolazione in questione è quella che permette al pollice di muoversi, estendersi e flettersi. I fattori di rischio della malattia, oltre l’età, sono la menopausa, una predisposizione genetica, un trauma, lo sport, microtraumi ripetuti.
Cause e sintomi dell’artrosi al trapezio metacarpale
Le cause di questa malattia sono da rintracciarsi nella degenerazione della cartilagine articolare che determina l’erosione delle ossa e quindi un’instabilità e talvolta uno slittamento delle ossa. Dopo la comparsa iniziale di dolore, questo aumenta e diventa più pungente, diminuisce la funzionalità della mano e progressivamente si determina una perdita di mobilità.
Anche se tendenzialmente si manifesta inizialmente un lieve dolore il decorso della patologia può variare, apparire in primo luogo come indolenzimento, torpore, pizzicore. Talvolta non continuo e poi presentarsi soprattutto al mattino come un vero e proprio blocco articolare.
Il tutto dipende molto dalla causa che lo genera. Nei pazienti che hanno subito un trauma, il decorso sarà più rapido ma talvolta più semplice da identificare e bloccare. Nei pazienti, come gli anziani, in cui si presenta la malattia, il decorso è più lento. Questa però talvolta appare quando è già difficile intervenire, per questo è fondamentale sottoporsi a controlli ed effettuare degli esami radiografici opportuni per l’identificazione.
Classificazione
Per distinguere lo stato di avanzamento della malattia, a livello radiografico, esiste una classificazione che determina degli stadi evolutivi. Una delle più conosciute è quella di Dell che prevede:
Stadio 1 la rima articolare si assottiglia e quindi si determina una sclerosi dell’area con una sublussazione
Stadio 2 – si determina la sclerosi marcata e la osteofitosi, quindi una sub-lussazione
Stadio 3 – l’osteofitosi del trapezio diviene marcata, scompare quasi del tutto lo spazio articolare, la base metacarpale peggiora.
Stadio 4 – si genera un disformismo grave, compaiono degli osteofiti (delle sporgenze) e l’osso si sposta
Questa classificazione determina a sua volta quattro stadi diversi del dolore:
Stadio 1 – iniziano i dolori, a livello radiologico si apprezza un problema iniziale con qualche alterazione
Stadio 2 – i dolori da sforzo diventano intensi, inizia ad esserci una limitazione funzionale e a livello radiografico la situazione è più chiara
Stadio 3 – il dolore diventa ancora più forte limitando le normali funzioni, le alterazioni a livello radiografico sono evidenti
Stadio 4 – si determina una rigidità tale dell’articolazione con una grave limitazione, il quadro è gravoso dal punto di vista ecografico.
Tutti questi elementi sono fondamentali per comprendere a che tipologia evolutiva si trovi la malattia e quindi come intervenire.
Terapia e rimedi consigliati
Il primo trattamento deve andare necessariamente a ridurre l’infiammazione e quindi il dolore. Inizialmente grazia ad un po’ di riposo ed un tutore è possibile intervenire e quindi placare i primi sintomi. Quando la malattia al trapezio metacarpale degenera, c’è necessità di utilizzare una terapia farmacologica. A quel punto lo specialista prescriverà dei farmaci antinfiammatori, sia per via orale che a livello locale come cerotti e creme. Successivamente potrebbe essere utile abbinare delle terapie combinate come laser, ultrasuoni, tecarterapia. Anche le infiltrazioni di acido ialuronico possono essere utili.
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Solo quando la malattia degenera gravemente si rende necessario il trattamento chirurgico. Il primo approccio consiste nell’artrodesi del trapezio metacarpale, quindi si fondono trapezio e primo metacarpo in modo tale che il dolore scompaia. Questo però determina una limitazione del movimento. Altra alternativa è la tenoartroplastica, con cui viene asportato il trapezio e una porzione di tendine. Questa soluzione elimina il dolore e non crea limitazioni del movimento ma determina un limite funzionale soprattutto nella forza. Vi è poi la protesizzazione che consiste nell’inserimento di una protesi che va a sostituire la parte. Tuttavia questa ultima tecnica viene poco utilizzata perché è la più complessa, anche da un punto di vista riabilitativo.
Una volta effettuato il trattamento sarà fondamentale eseguire la riabilitazione. Bisogna tenere un tutore per almeno 4 settimane e poi fare fisioterapia ed esercizi al fine di riprendere la funzionalità e la mobilità della mano e del polso. Tutto varia da persona a persona e sarà il medico, dopo un’analisi accurata, a determinare l’approccio necessario.
L’artrosi delle mani è delicata e soprattutto si manifesta con dolori acuti che possono rendere impossibili anche movimenti molto semplici. Se la malattia non viene trattata correttamente nel tempo, le dita e la mano assumono una posizione totalmente distorta. Per questo è fondamentale ai primi sintomi consultare uno specialista.
Alle prime manifestazioni è importante educare l’articolazione ad un uso funzionale. Quindi è importante il riposo ma anche praticare una serie di esercizi che garantiscano la mobilità nel tempo, sia a livello muscolare che in termini di presa. È importante andare a trattare tre muscoli: interosseo dorsale, opponente del pollice, adduttore. Aiutare le articolazioni e gli snodi tendinei permette di mantenere i muscoli e quindi ripristinare l’articolazione e favorire l’utilizzo della mano.
Gli esercizi che si devono svolgere devono essere continui e costanti. Iniziare sempre dallo stretching per abituare la mano e le dita al movimento, quindi intensificare progressivamente. Essenziale essere costanti. Nelle fasi di dolore acuto interrompere e utilizzare il tutore e favorire il riposo dell’arto. Complessivamente però, nonostante i fastidi, è essenziale continuare a muovere la mano perché una cessazione del movimento determina un blocco dell’articolazione e una degenerazione della patologia.